Jordi Valle: un buontempone a Repubblica

29 07 2008

Riposto con congruo ritardo un bell’articolo di Maurizio Matteuzzi pescato sul blog di AnnalisaMelandri e tratto da “Il Manifesto”; per una volta non si parla di giornalismo Colombiano, ma delle bizzarrie del giornalismo nostrano…in trasferta.

VENERDÌ DI REPUBBLICA
Gli scoop di Jordi La nostra invidia
Maurizio Matteuzzi
fonte : Il Manifesto
Chapeau a la Repubblica, anzi al Venerdì di Repubblica.
In metà anno ha fatto una serie di scoop strabilianti. In sequenza: il 18 gennaio un incontro-intervista con Gabriel Garcia Marquez a Cartagena, notoriamente non facile da avvicinare; il 9 maggio un’intervista al venezuelano Hugo Chavez nel palazzo di Miraflores a Caracas; il 6 giugno un’intervista «in un luogo segreto della foresta amazzonica» con i due leader massimi delle Farc dopo la morte di Tirofijo, Alfonso Cano e Mono Jojoy; l’11 luglio incontro-intervista, in un luogo imprecisato di Bogotá, forse lo stesso palazzo presidenziale di Nariño, con il presidente colombiano Alvaro Uribe, l’eroe della cinematografica liberazione della Betancourt di qualche giorno prima (il 2 luglio), un altro che per avvicinarlo bisogna sputar sangue; il 18 luglio in un luogo imprecisato della selva forse in Colombia forse in Ecuador, un nuovo incontro-intervista con Alfonso Cano nel giro di un mese. Straordinario, considerato che mezzo mondo cerca Cano, a cominciare dagli efficientissimi reparti anti-guerriglia di Uribe. E che, a quanto si sa Cano sono (erano) 8 anni che non dava interviste.
Scoop che si devono tutti a un solo uomo. Jordi Valle si chiama, un ingegnere petrolifero che è nato in Catalogna ma vive sul lago di Como e «scrive per divertimento» (lo dice lui). Un amateur quindi, ma uno che, a quanto si legge nelle sue interviste, conosce ed è conosciuto. «Ti trovo sempre bene, don Gabriel», dice a Gabo. «Gli ricordo che…» fa a Uribe. Chavez «lo interrompiamo per chiedergli…». Il Mono Jojoy lo «aspetta davanti a una birra». Intimità e autorevolezza, capacità di trovare e avvicinare in qualsiasi momento gente che i giornalisti di mezzo mondo (e in qualche caso anche i servizi segreti) non si sognano nemmeno di poter localizzare e avvicinare.
Roba da rosicare dall’invidia.
Cappello. Anche se – a nostro modesto parere – la Repubblica non li ha sfruttati come avrebbe dovuto, visto il timing straordinario di quegli incontri-intervista con personaggi di cui tutto il mondo stava parlando in quel momento. Anziché «spararli» sul quotidiano, l’ammiraglia della flotta li ha relegati – quasi volesse nasconderli – sul Venerdì. Non solo ma su nessuno di loro, eccetto l’ultimo, ci ha fatto la copertina, «sprecandoli» nelle pagine interne.
I colombiani, invidiosi anche loro, non ci stanno.
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Piccoli appunti di attualità Colombiana…

5 07 2008

Questo non è un articolo. Non ne possiede la finalità nè la cura stilistica, così come tanti dei contributi scritti nell’arco di questi mesi di vita di DiarioColombia. Ci piace l’idea di definirli semplicemente appunti, restituendogli una dignità “altra” ed inclassificabile nel novero dell’informazione ad alta velocità.

Apriamo la nostra bacheca virtuale sulla liberazione (già ma di che “liberazione” stiamo parlando proprio non si capisce ancora…) dei 15 ostaggi con i contributi (a nostro modesto parere) più rilevanti, pescati nel profondo della Blogosfera:

Gennaro Carotenuto all’interno del suo portale GiornalismoPartecipativo ci introduce al tema in questione ironizzando sulla costruzione mediatica del personaggio Betancourt-superstar e ci propone, a questo proposito, le notevoli posizioni di Piedad Cordoba e Clara Rojas, circa le sue affrettate dichiarazioni. In coda all’articolo un’interessante parentesi sulle discordanti versioni della liberazione, con una chiusura ragionata sul peso politico dell’una o dell’altra ipotesi.

Sostenibile, curioso blog del network BlogoSfere, pone l’attenzione proprio su quest’ultimo passaggio entrando nei particolari dell’ipotesi del pagamento di un riscatto di 20 milioni di dollari; al di là della confusione presente sul tema e dell’opportunità di non sbilanciarsi ancora sulla questione, la ricchezza di dati e collegamenti allo scenario internazionale che fa da contorno alla faccenda ne rendono utilissima la lettura.

PolisBlog e University.it ci introducono, compiendo un parallelo tra i due temi, al legame tra lo scandalo che ha travolto in queste settimane il presidente Uribe e il panorama di opportunità geopolitiche che la liberazione della Betancourt, dei tre contractor Usa e degli altri 11 militari, aprono per la Colombia nello specifico e il futuro dell’America Latina tutta.

In chiusura un audace commento pubblicato sulla versione online de IlTempo; l’articolo sostiene con un buon margine di sicurezza che l’operazione “Scacco”, sancisca la fine obbligata delle Farc e delle altre formazioni guerrigliere di America Latina a seguire. Talmente azzardato e frettoloso, a parer nostro, da ricalcare l’aspetto meno credibile della vicenda di queste ore: il tentativo di far passare una guerriglia con 43 anni di storia per un gruppo di terroristi confusi che si fanno prendere in giro al telefono con imitazioni alla Gigi Sabani ed elicotteri militari verniciati…auspicabile o meno non sta a noi deciderlo, di sicuro piuttosto “interessata” come posizione e, di conseguenza, molto poco credibile.





…intanto la Colombia resta sempre un paradiso per pochi.

4 07 2008

“Il nirvana, il paradiso, deve essere molto simile a questo momento”; con queste ed altre parole l’ex deputata franco-colombiana Betancourt ha commentato il suo ritorno alla vita civile e all’affetto dei suoi figli, dopo oltre sei anni di prigionia. Nel delirio mediatico e diplomatico di questi due giorni la Betancourt (di lei si parla, degli altri 11 militari Colombiani da questa parte del globo non se ne sa nulla) ha dimostrato inizialmente sorpresa ed imbarazzo per la dimensione mediatica del suo rilascio e per la solidarietà ricevuta.

L’empasse non è durata poi molto e, ritrovata forma e lucidità, ha colto l’occasione per precisare una serie di questioni di primo piano, nello scenario che si profila con la sua liberazione: ai ringraziamenti di rito e di cuore all’esercito Colombiano al suo presidente Uribe ed all’intervento Francese, sono seguite una serie di dichiarazioni molto forti circa le condizioni di prigionia e le vessazioni subite nel corso degli anni. In particolare la Betancourt ha sottolineato la vergogna delle manette tenute ai polsi anche ventiquattro ore al giorno per mesi e mesi consecutivi e la progressiva perdita di speranza in occasione della morte del padre e dei continui sforzi legati alla condizione di clandestinità in regioni amazzoniche.

La forza di queste affermazioni, e la prova di coraggio e resistenza della candidata alla presidenza, stanno così suscitando un’interesse davvero imprevisto; col senno di poi possiamo affermare che il precipitare dei tentativi di mediazione operati nel corso dei mesi non lasciava grandi speranze di nuovi rilasci nelle prossime settimane…ed è forse questo stupore persistente, il primo ostacolo a capire cosa sia realmente accaduto in queste ultime settimane, da una parte in capo al segretariato fariano, dall’altra in seno agli apparati militari non solo colombiani.

Una cosa è certa, fino a prova contraria: dietro la gioia per la liberazione di queste ore, dietro i ringraziamenti e le congratulazioni reciproche, dietro la fulminee analisi sul futuro dei processi di smobilitazione si celano una quantità di ipotesi trame ed accadimenti, tutt’ora incomprensibili, e in-debitamente incompresi.





Il tempo di capire e quello di cominciare a scrivere…

3 07 2008

Quanto è difficile scrivere un articolo?

Quanto è complesso sintetizzare in questa manciata di righe l’insieme di dati, riflessioni e non ultimo emozioni, utili a narrare a tanti e tante una prospettiva originale sulla liberazione dei quindici ostaggi fino a ieri in mano alla prima guerriglia d’America Latina?

Quanto influirà il ritorno di Ingrid Betancourt sulla politica interna Colombiana, e la sua ipotetica candidatura alle prossime presidenziali? Quanto peserà l’evento nella relazione tra il presidente Uribe e il ministro-star Juan Santos?

Cosa accadrà ora alla fragile ridefinizione in corso ai vertici delle Farc, e quali saranno le prossime mosse di una formazione militare che la stampa definisce ormai sepolta?

Chavez, Morales, Lula e gli altri…quanto peserà lo stravolgimento dell’universo politico Colombiano sui nuovi assetti del sud america post-socialista?

Quante domande, poche risposte. Nelle prossime ore cercheremo di produrre alcune riflessioni nel tentativo di declinare i principali aspetti di una vicenda, quella dell’attualità Colombiana, di sicuro interesse geopolitico…di fronte al depauperamento informativo operato dai mass media di due continenti.





Ingrid Betancourt, ma non solo Ingrid Betancourt…

3 07 2008

Ancora una volta è Juan Manuel Santos, il ministro della difesa di Bogotà a dare l’annuncio tanto atteso…solo che l’occasione non è paragonabile a nessuno dei cento e mille momenti di tensione vissuti in Colombia negli ultimi, pur difficili, anni.

Sedici uomini e donne di nazionalità Colombiana e Statunitense sono stati liberati oggi: Marc Gonsalves, Keith Stansell, Thomas Homes, Juan Carlos Bermeo, Raimanduo Malagón, José Ricardo Mantilla, William Pérez, Erasmo Romero, José Miguel Arteaga, Armando Florez, Julio Buitrago, Armando Castellanos, Vaney Rodríguez, Jhon Jairo Durán, Ingrid Betancourt.

Quindici di questi (e con loro tutti quelli ancora sequestrati) saranno a breve dimenticati (si, pure i tre mercenari americani presenti tra gli altri)…l’ultima della fila però, una donna di grande esperienza politica, e “di resistenza”, farà parlare di sè parecchio in questi mesi.

Il ritorno di Ingrid Betancourt squarcia le reciproche crisi di governo e forze combattenti, aprendo una pagina nuova nel novero delle opzioni politiche del contesto Colombiano e Latinoamericano in genere (scacco alle Farc, già dicono alcuni…).

Ne parleremo approfonditamente domani, con più lucidità ed informazioni a riguardo….

Trovate qui tutte le prime informazioni sul tema: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7





Diritto di resistenza

24 06 2008

Cinque e ventisette del mattino, Milano, zona quasi periferica, fine metrò gialla.

Suona la sveglia e per un attimo resto a godere un rivolo d’aria fresca che, non si sa come, riesce ad infiltrarsi in camera. Giù dal letto di corsa perchè stamattina abbiamo deciso di partecipare ad un presidio organizzato contro lo sgombero di una casa occupata.

Sarà l’aria delle sei meno dieci, sarà il buon caffè del bar amico, sarà la temperatura dopotutto accettabile, ma Milano regala qualche istante limpido sul cavalcavia di Viale Marche.

Si, anche questo è importante, perchè serve a comprendere la situazione ed il motivo per cui, seduta nel punto di ritrovo, gustando con piacere la colazione approntata per i convenuti ed aspettando l’arrivo dell’ufficiale giudiziario, il pensiero si sia lasciato trasportare alle immagini de “La strategia della lumaca”.

Trovo, splendida pellicola colombiana, diretta nel 1993 da Sergio Cabrera, per la cui trama e notizie correlate rimando alla pagina di Wikipedia (solo in spagnolo)

Ecco, credo che anche questo post suonerà, alle orecchie dei più, palesemente off-topic.

In verità, la riflessione stimolata è molto più inerente: quello che accadeva stamattina era importantissimo per un ordine di ragioni molto semplici. Portare i propri corpi stiracchiati, gli occhi stropicciati ma attenti e la propria disponibilità in quel luogo significava e significa affermare non solo la necessità, ma la correttezza di violare talvolta le norme che reggono l’ordinamento sociale in cui viviamo, per affermare due cose fondamentali: l’accessibilità di diritti primari (nel caso in specifico, quello ad avere un tetto, ma non mi fermerei qui) e, appunto, la facoltà di soprassedere sul dettato scritto con cui una comunità sociale ampia (quella nazionale qui) si è dotata di regolamenti. Regolamenti, beninteso, che un’altrettanto ampia comunità (nel caso, quella di chi non può permettersi un affitto nella città in cui sceglie di vivere, lavorare ecc.. perchè quella città non offre affitti compatibili con un realistico reddito medio) riconosce inidonei a garantire una vita libera e dignitosa.

Le domande che restano tornando verso casa sono due: rispetto ad una realtà come quella italiana, quali sono i confini che dettano la facoltà di una comunità, ampia ma non totale, di soprassedere legittimamente ad alcune norme non solo  scritte, ma condivise da un’altra ampia area della comunità totale?

Volgendo lo sguardo invece più in là, è possibile che trasmettere la correttezza di scelte e pratiche di questo tipo renda più comunicabile e condivisibile una delle ragioni che ci sta più a cuore: la correttezza e la legittimità per il popolo colombiano di esercitare, nelle forme che abbiamo incontrato e che abbiamo cercato di riportare in Italia, lo stesso diritto di resistenza?

Forse non è del tutto off-topic..





Luchar_habitar_trabajar

5 06 2008

Abbiamo assistito ieri alla prima serata della rassegna “luchar-habitar-trabajar” organizzata dal circolo Arci Scighera a Milano..vi avevamo accennato qualche post fa.

Beh, l’incontro è stato molto interessante: in particolare, il portavoce dell’Onic ha tracciato una panoramica molto veloce della condizione indigena, raccontandoci come e quando sia nata la necessità e con essa la spinta a costruire l’Onic (Organizzazione Nazionale Indigena Colombiana), quindi come si sia deciso e si sia creata la rete delle Organizzazioni indigene nonchè il ruolo svolto dai leader nella costituzione.

In particolare ci è sembrato interessante che nel corso dei primi anni di vita di questa rete vi sia stata la proposta del Governo di allora di una sorta di istituzionalizzazione del progetto, con la creazione di un Consiglio Indigeno: dopo alcune riflessioni i leader e le comunità hanno rifiutato la proposta, ritenendo molto più importante, funzionale e necessario come precedente storico, creare una rete indipendente, che restasse saldamente ancorata ai territori e alle comunità che li abitano.

La scelta dell’autogestione ribadita come principio fondamentale, che, solo, garantisce l’indipendenza e la partecipazione.

Confermare poi l’esistenza di una sorta di trait d’union tra tutte le lotte territoriali indigene del mondo, raccontarlo sorridendo, lasciando che, con i tempi della traduzione, l’Onic, il comitato NOExpo, le Mamme Antismog, e le fabbriche occupate argentine (Chilavert) potessero incrociare sguardi e condividere forme di lotta, autogestione ed autorganizzazione, regala ancora una piccola idea di possibile anche a questa città.

Segnaliamo, intanto, il sito dell’associazione ASUD, promotrice ed organizzatrice dell’incontro insieme alla Scighera, nonchè portavoce in Italia dell’Onic stessa e creatrice da qualche tempo del Centro di Documentazione sui conflitti ambientali del Sud del mondo (CDCA).

A breve, su queste pagine e sul sito della scighera sarà disponibile il contributo audio della serata.





Cumbre de los pueblos- Enlazando Alternativas 3 (dichiarazione finale)

21 05 2008

Las organizaciones sociales, políticas y populares, de trabajadores y trabajadoras, de migrantes, las comunidades indígenas y campesinas, el movimiento de mujeres, de jóvenes y sindical de América Latina, el Caribe y Europa, reunidos en Lima durante la Cumbre de los Pueblos, Enlazando Alternativas III, declaramos :

La cooperación y la integración de nuestros pueblos pasan en primer lugar por la construcción de un sistema en el cual los derechos económicos, políticos, sociales, culturales y ambientales de las mayorías sean prioridad y razón de ser de las políticas gubernamentales. Por lo mismo, rechazamos el proyecto de Acuerdos de Asociación propuesto por la Unión Europea y avalado por diversos gobiernos latinoamericanos y caribeños que solo buscan profundizar y perpetuar el actual sistema de dominación que tanto daño a hecho a nuestros pueblos.

La estrategia de la Unión Europea “Europa Global : Competir en el mundo”, supone la profundización de las políticas de competitividad y crecimiento económico que buscan implementar la agenda de sus transnacionales y profundizar las políticas neoliberales, incompatibles con el discurso sobre el cambio climático, la reducción de la pobreza y la cohesión social. A pesar de que se pretende velar su naturaleza incorporando temas de cooperación y diálogo político, la esencia de la propuesta es abrir los mercados de capitales, bienes y servicios, proteger la inversión extranjera y reducir la capacidad del Estado de promover el desarrollo económico y social. Leggi il seguito di questo post »





TPP in Colombia: il caso Telecom-Bolivia

21 05 2008

Istituito nel giugno ’79, in Italia, su ispirazione del senatore Lelio Basso, il Tribunale Permanente dei Popoli s’incontrerà anche quest’anno a Bogotà. Due i casi presentati da parte della delegazione italiana nella’ambito del macro-tema: “Imprese multinazionali e diritti dei popoli in Colombia”, presente nell’agenda del TPP dal 2005. Presentiamoli attraverso due brevi descrizioni reperibili anche su Enlazando Alternativas, il portale della Rete BiRegionale Europa – America Latina y Caribe.

 

Telecom-Bolivia

Dopo la nazionalizzazione senza traumi del gas, del petrolio e di parte delle miniere, la Telecom sembra essersi trasformata nel principale sasso nelle scarpe di Evo Morales. Diventato presidente della Bolivia, Morales ha avviato un piano per rinazionalizzare alcune delle imprese privatizzate nei rapaci anni ’90.

Ha cominciato con gas, petrolio e qualche miniera, e nonostante gli oppositori e alcune istanze internazionali abbiano fatto fuoco e fiamme, è andata sostanzialmente liscia. Con le comunicazioni, invece, la musica è diversa.

Entel fa parte delle imprese privatizzate negli anni ’90 all’apogeo del neo-liberismo, il modello di privatizzazione <<alla boliviana>> consisteva nella ricerca di soci strategici internazionali per le imprese statali che, in cambio della capitalizzazione, finivano per controllare il 50 per cento del pacchetto azionario e ottenevano il diritto all’amministrazione. Circa il 2 per cento delle azioni è rimasto in mano ai lavoratori. Il 48 per cento restante è diventato in teoria proprietà di <<tutti i boliviani>>, in pratica è stato amministrato da fondi pensione che con le rendite hanno finanziato il Bonosol, oggi rimpiazzato dalla <<Rendita di dignità>>, una pensione per tutti i boliviani sopra i 60 anni. Leggi il seguito di questo post »





Cancellato Pianeta Dimenticato dal palinsesto Rai!

15 05 2008

ripostiamo questo importante articoletto apparso ieri su GiornalismoPartecipativo, condividendone appieno lo spirito…

Antonio Caprarica dimentica il pianeta. Cancellato il Sud del mondo dal palinsesto di Radio1 RAI

<!–[if gte vml 1]&gt; &lt;![endif]–><!–[if !vml]–>pianetadimenticato<!–[endif]–>E’ il nuovo che avanza, ma forse non è colpa di Silvio Berlusconi. Dal palinsesto RAI del prossimo autunno sparisce l’unica trasmissione che si occupa del Sud del mondo, “Pianeta dimenticato”, Africa, Asia e America latina, che va in onda nell’ora di massimo ascolto, alle 8.40 del mattino su Radio1 RAI.

di Gennaro Carotenuto

Lo dice quasi di passaggio un’agenzia AGI, nella quale una corrente di centrodestra dell’Usigrai, il sindacato aziendale, “Usigrai l’alternativa”, denuncia l’occupazione da parte del direttore Antonio Caprarica e del suo nuovo braccio destro, Giovanni de Rosas, della pregiatissima mezz’ora di palinsesto che va dalle 8.30 alle 9 di mattina.

E’ apparentemente dura per Caprarica, direttore in quota centrosinistra, sopravvivere nella nuova RAI che sta per cambiare colore e tutti gli organigrammi. Ma si può fare, si può fare garantendo un’informazione sempre più soft, piena di pezzi di colore sulla casa reale britannica e compleanni della regina madre che oscurino il più possibile le notizie scomode, quelle sul neoliberalismo che nel Sud del mondo causa ovunque sia stato applicato fame, morte e distruzione e quelle sul Sud del mondo che alza la testa, disegnando un proprio futuro autonomo.

Oppure si può salvare la poltrona mettendo sul piatto una bella rassegna stampa, rigidamente controllata (vogliamo chiamarla di regime?), proprio nella fascia oraria più pregiata, subito dopo il GR delle 8, quello più ascoltato. E non importa se una rassegna stampa è già doppione di due rassegne stampa alla radio in contemporanea, quella di GR Parlamento e quella storica di Radio3, Prima Pagina. Evidentemente serve una terza rassegna stampa proprio a quell’ora e sulla rete più importante e questa terza rassegna stampa deve oscurare l’unico programma sul Sud del mondo dell’intero palinsesto. E del resto giocano, al giornale radio, coi loro sette o otto vicedirettori. Sette o otto generali carichi di stellette, dei quali almeno cinque in quota centrosinistra, che qualcosa devono pur fare per campare.

E allora chi non è interessante negli aggiustamenti di potere interni al GR è il Sud del mondo, rappresentato da “Pianeta dimenticato”. Come nel mondo reale, fuori dei giochi lottizzatori di Saxa Rubra, il Sud può essere sacrificato, clandestinizzato, così gli si può passare sopra, rinchiuderlo in un CPT dell’etere e potrà continuare a gridare, ma nel silenzio.